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Licenziamento in prova e Jobs Act: se il patto di prova è nullo, non c’è reintegrazione

Recentemente la giurisprudenza di Milano si è interrogata in ordine alle conseguenze di un licenziamento in prova intimato a fronte di un patto di prova nullo.
Si tratta della sentenza n. 730 dell’8 aprile 2017, che interviene su un tema che non trova espressa soluzione nella legge.
Come noto, il patto di prova deve essere stipulato per iscritto e indicare le mansioni oggetto della prova.
Se non ricorrono tali condizioni, il patto di prova è da considerarsi nullo; ma quali sono le conseguenze del licenziamento in prova in caso di patto di prova nullo?
Se prima dell’introduzione del jobs act la giurisprudenza applicava il regime della reintegrazione, sulla base di una giurisprudenza di Cassazione, dopo l’introduzione del Jobs act l’interprete è ancora chiamato a risolvere la questione, visto che tale disciplina non contempla espressamente le conseguenze di un licenziamento in prova per un patto di prova nullo.
Il tribunale di Torno (sent. 16 settembre 2016) aveva ritenuto di sanzionare l’illegittimità del licenziamento in prova con la tutela reintegratoria, considerandolo un “licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata l’insussistenza del fatto materiale”.
Il Tribunale di Milano, invece, ha ritenuto che non si versi in caso di insussistenza del fatto materiale contestato, posto che, alla stregua del tenore letterale della norma, essa applicabile ai soli licenziamenti di natura disciplinare, mentre il mancato superamento della prova non integra né presuppone necessariamente una condotta disciplinarmente rilevante. Il Giudice ha quindi dichiarato estinto il rapporto di lavoro e condannato il datore di lavoro solamente al pagamento dell’indennità risarcitoria.

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