(Da guida al lavoro del 24 febbraio 2015)
Nel contratto a tempo determinato, la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sé insufficiente a far ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso in quanto, affinché possa configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo.
Cass., sez. lav., 4 febbraio 2015, n. 2053
Pres. Curzio; Rel. Fernandes; Ric. P.I. S.p.A.; Controric. M.L.
Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Roma, che aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato, condannando il datore di lavoro a riammettere in servizio la lavoratrice ed al pagamento in favore di quest’ultima dell’indennità ex art. 32 della legge 183/2010. Nello specifico, infatti, la Corte territoriale aveva ritenuto, diversamente da quanto affermato dal Giudice di primo grado, insussistente un’ipotesi di scioglimento del contratto per mutuo consenso. La società proponeva, quindi, ricorso per cassazione, criticando la sentenza impugnata per aver rigettato l’eccezione di definitivo scioglimento del rapporto per tacito mutuo consenso dei contraenti, senza aver tenuto conto non solo del comportamento inerte della lavoratrice, che evidenziava il disinteresse al ripristino del rapporto, ma anche di fatti ulteriori rispetto al mero decorso del tempo, quale la mancata adesione della lavoratrice agli accordi sindacali stipulati dalla società e intesi a regolarizzare la posizione di molti ex lavoratori a tempo determinato ed il reperimento medio tempore da parte della lavoratrice di altra occupazione. Sul punto, la Corte di Cassazione ha innanzitutto affermato che, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo. La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine, quindi, è di per sé insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso (v. sul punto Cass., n. 23057/2010 e Cass., n. 5887/2011). Ebbene, nella fattispecie la Corte d’Appello aveva osservato che il mero decorso del tempo non era di per sé elemento da cui poter desumere un disinteresse della lavoratrice alla prosecuzione del rapporto, non potendo avere alcun significato in tal senso, inoltre, la mancata adesione di quest’ultima agli accordi sindacali stipulati dalla società, in quanto la richiesta di inserimento nelle graduatorie non garantiva la certezza dell’assunzione a tempo indeterminato. Inoltre, ha precisato la Corte che anche la ricerca medio tempore di un posto di lavoro non poteva essere significativa di un disinteresse alla instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in quanto volto a garantire il reperimento di mezzi di sostentamento. Tale accertamento di fatto risulta, a detta della Corte, aderente al principio sopra richiamato e resiste alle censure della società ricorrente che si incentrano genericamente su una diversa lettura della inerzia, pur prolungata, della lavoratrice. Sulla base di tali principi la Corte di Cassazione ha pertanto concluso per il rigetto del ricorso.